Museo Etnografico di Lodrino

 

L'ARTE DEL MEDICO

Nel passato la convivenza con le malattie, piccole o grandi che fossero, aveva indotto una diversa concezione della vita e della morte per l’individuo. La morte era ben presente nel modo di vivere delle persone e la vita era praticamente dovuta alla forza dei singoli. Nelle comunità rurali l’assenza del medico veniva compensata in parte dalla conoscenza diffusa delle proprietà delle erbe officinali, conoscenza che alcuni individui, per doti personali o per insegnamenti ricevuti, portavano ad un elevato grado di perfezione empirica. La comunità intera faceva riferimento in caso di bisogno alle doti di questi guaritori, per lussazioni, fratture, febbri, intossicazioni, piaghe e ferite varie, per l’estrazione di denti cariati, parassitosi e per molti altri problemi, compresi quelli del bestiame malato. L’errata interpretazione della genesi di molte malattie però portava a cure inefficaci e spesso il malato subiva conseguenze invalidanti o giungeva a morte prematura. Decotti di erbe, pappette di lino, infusi alcolici, oli vari, sanguisughe, digiuni, fomenti, lumache vive da mangiare e molti altri rimedi erano nella dispensa del guaritore o nelle stesse case dei contadini, ma quando servivano le arti della chirurgia bisognava portare i malati al più vicino ospedale con carri o a cavallo nella speranza di una guarigione che veniva implorata contemporaneamente dai familiari nella chiesa del paese. Per le donne il parto era una delle prove più ardue da superare a causa di emorragie o infezioni difficilissime da curare senza strumenti o antibiotici, cose a noi così familiari da sembrare superflue. Una semplice bronchite poteva degenerare in polmonite e portare a morte in breve tempo, una piccola ferita portava spesso all’amputazione di un arto, malattie ora curabilissime erano spesso invalidanti per molti e la presenza sul territorio di gozzo diffuso, parassiti, scarsa pulizia, carie dentali onnipresenti fecero esclamare a visitatori della Valle Trompia di quale bruttezza fossero i suoi abitanti! Il solo aspetto della salute ci dovrebbe far riflettere sull’errata convinzione della bellezza dei tempi andati dove le donne già a trentanni camminavano curve, sdentate e avvilite dalle continue gravidanze ed i quarantenni erano già definiti "veci". E’ sorprendente riflettere ora sul fatto di quanti riuscissero a giungere alla soglia dei settant’anni dopo aver superato epidemie, carestie, malattie ed inverni freddi cibandosi spesso anche di cibi avariati, bevendo acqua non potabile e sopravvivendo anche alle cure terribili dei guaritori. Dobbiamo forse ringraziare questa selezione naturale e terribile e la moderna medicina e farmacologia se stiamo infinitamente meglio, ma stranamente c’è nostalgia di un passato dove, ad onta di stragi causate da epidemie anche in tempi recenti, il dolore era terribilmente di casa.