IL FERRO BATTUTO
Il fabbro lavorava in una piccola
e fumosa officina rischiarata spesso solamente dal fuoco della forgia
(apparecchio in cui la combustione del carbone è attivato per mezzo
di una ventola) azionata a mano, dove venivano arroventati i ferri per
essere poi lavorati. Gli attrezzi più importanti e prodotti su
ordinazione erano quelli che servivano per il lavoro nei boschi, nei prati,
per la cottura dei cibi ed altri usi domestici. Inoltre non disdegnava
riparare con pezze di rame i buchi di vecchie pentole od eseguire piccole
riparazioni idrauliche.
Il fabbro era allo stesso tempo stagnino; faceva sciogliere lo stagno
sul fuoco della forgia, lo versava all’interno di un recipiente
di rame e lo faceva ruotare affinché un sottile strato di metallo
si depositasse sulle pareti del contenitore formando così una patina
grigia che impediva la comparsa del verderame pericoloso per gli alimenti.
La fucina, come spesso capita nei piccoli paesi, diventava luogo di ritrovo
ed incuriosiva sempre i ragazzi attratti dai battiti veloci dei martelli
sull’incudine e dallo stridio dei ferri roventi gettati in acqua
per la tempera.